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ToggleI giardini giapponesi sono estremamente diversi rispetto ai loro corrispettivi occidentali: sono progettati seguendo una filosofia differente, che punta a valorizzare la bellezza degli elementi naturali nelle quattro stagioni, e spesso sono il veicolo di concetti religiosi e un luogo per meditare.
Anticamente, i giardini della nobiltà della corte imperiale progettavano i loro giardini affinché fossero dei piccoli parchi in grado di allietare lo sguardo ma anche di accogliere eventi mondani e ricreativi; in seguito, quando il potere fu preso in mano dai guerrieri samurai, i giardini subirono un profondo cambiamento iniziando a seguire sempre più l’estetica legata al buddhismo zen.
I giardini giapponesi, che si trovino presso ville, castelli o templi, da sempre hanno la funzione di far sentire l’uomo in armonia con la natura, portando quest’ultima dentro gli edifici. Questi spazi verdi sono progettati appositamente affinché se ne possa godere anche solo gettando un’occhiata al di là di una porta scorrevole o attraverso una cortina di bambù, senza per forza uscire all’aperto.
In secondo luogo, il giardino giapponese è un luogo denso di simbolismi, in cui ogni elemento ha uno scopo sia decorativo che evocativo.
Gli elementi principali del giardino giapponese
I giardini giapponesi sono soliti combinari una serie di elementi naturali come piante e ruscelli, insieme a oggetti di manifattura artigianale come lanterne o statue.
Ecco una lista degli elementi che non possono mancare in un giardino giapponese:
- acqua (sotto forma di ruscelli, fontane, cascatelle o stagni)
- bambù
- muschio (usato al posto dell’erba o della ghiaia oppure come rivestimento per statue e fontane)
- felci
- alberi di ciliegio
- alberi di acero
- alberi di pruno
- pini
- glicini
- fiori in cespuglio come azalee, camelie e ortensie (niente fiorellini da prato come margherite e violette o bulbi)
- rocce naturali di grandi dimensioni
- lanterne in pietra
- ponticelli
- statuette in pietra di buddha o jizō
Il giardino giapponese valorizza molto il passaggio delle stagioni e l’asimmetria: è indispensabile dunque disporre una varietà di piante che fioriscano seguendo stagionalità diverse o le cui foglie cambino colore in autunno. Bisogna prestare anche molta attenzione e fare in modo che il giardino sembri il più naturale possibile: la mano dell’uomo non si deve quasi vedere.
Le diverse combinazioni degli elementi sopracitati hanno dato vita a differenti stili di giardini, ognuno dei quali rispecchia diversi aspetti della cultura giapponese: alcuni, di epoca Heian (794-1185) sono principalmente parchi che esaltano la bellezza delle quattro stagioni. Giardini di epoca successiva, invece, sono caratterizzati da grandi stagni con delle isolette al centro, una riproduzione del paradiso buddhista della Terra Pura.
I giardini del Periodo Muromachi (1333-1603) spesso sono caratterizzati dalla presenza di vialetti di pietre levigate e piccole capanne di argilla e paglia adibite alla cerimonia del tè.
I giardini zen, infine, combinano gli elementi tipici del giardino giapponese in modo che rispecchino la filosofia del buddhismo zen e favoriscano la concentrazione durante la meditazione.
Il giardino zen
Detto anche karesansui (giardino con “montagne e acqua prosciugata”) in giapponese, il giardino zen è caratterizzato dalla quasi totale assenza di piante e acqua. Al loro posto si trovano della ghiaia “pettinata” con dei rastrelli in modo che riproduca le increspature delle onde, e delle grandi pietre naturali che simulano delle isole o delle montagne che affiorano da un lago immaginario.
Questo tipo di giardino rispecchia in tutto e per tutto la filosofia del buddhismo zen ed è progettato con il preciso scopo di favorire la meditazione.
La quasi totale assenza di elementi viventi esclusi i pini sempreverdi (anche se ci sono delle eccezioni, come ad esempio giardini zen con alberi di ciliegio o salici) porta l’osservatore a riflettere sulla natura delle cose, sull’armonia del tutto e sull’ideale buddhista secondo il quale niente esiste davvero e tutto è parte dello stesso, identico vuoto cosmico: non solo non c’è differenza tra l’acqua reale e un lago fatto di ghiaia o tra una roccia e una montagna, ma non c’è neanche differenza tra tutti questi elementi e noi stessi.
Per creare un giardino zen è fondamentale mantenere una perfetta asimmetria fra gli elementi e prediligere piuttosto le geometrie triangolari; l’asimmetria deve essere rispettata in tutto, anche nella scelta del numero di elementi da inserire per questo è fondamentale prediligere la disparità. La natura deve occupare solo una minima parte dello spazio e deve essere messa in contrasto con gli elementi circostanti.
I giardini zen più famosi si trovano a Kyoto nei templi di Kinkakuji, Gankakuji e Ryoanji (quest’ultimo è stato definito dagli studiosi il più bel giardino zen di tutto il Giappone).
Cos’è un bonsai
I bonsai, letteralmente “piantato in un vaso piatto“, sono gli alberi in miniatura emblema del giardinaggio giapponese e sono ampiamente apprezzati anche all’estero.
Sono alberi mantenuti intenzionalmente nani attraverso un’attenta potatura e la riduzione delle radici. La crescita della pianta, inoltre, viene indirizzata ad assumere varie forme anche con l’uso di fili metallici e sostegni.
La coltivazione del bonsai è definita da rigide regole estetiche: ogni bonsai deve seguire una forma ben definita, codificata dai maestri bonsaisti, e, nella sua artificialità, imitare alla perfezione la natura. Ogni pianta ha delle sue caratteristiche e una sua energia, che il bonsaista deve comprendere e cercare di accentuare senza che il risultato sembri troppo artificiale. Proprio come avviene per i giardini, neanche nei bonsai si deve vedere la mano dell’uomo.
Gli stili e le tipologie di bonsai
Come scritto sopra, l’arte del bonsai è meticolosamente codificata e il bonsaista si deve attenere a dei precisi stili quando crea la sua piccola opera d’arte. Tuttavia, gli stili sono una linea guida, delle formalità da seguire in generale: i dettagli devono essere decisi dal bonsaista.
- Chokkan (eretto formale): la forma più semplice di bonsai, quella in cui l’albero cresce verso l’alto senza particolari costrizioni. Ne esiste la variante “a boschetto”, particolarmente adatta alle conifere, ma molto difficile da ottenere perché consiste nel far crescere i rami a una distanza precisa gli uni dagli altri.
- Moyogi (Eretto informale): il tronco si sviluppa verso l’alto in modo sinuoso, con piccole curve, e i rami vengono lasciati crescere in modo asimmetrico.
- Shakan (Inclinato): il tronco e i rami sono tutti inclinati da un lato, mentre la base è caratterizzata da radici robuste e ben in vista.
- Sokan (Tronchi gemelli): si tratta di due tronchi, uno principale e dritto e uno secondario, più piccolo e inclinato, nati dalle stesse radici.
- Hokidachi (Scopa rovesciata): tipico delle latifoglie, è caratterizzato da un tronco molto largo da cui si diramano numerosi rami di lunghezza pressappoco uguale. Il tronco deve essere liscio e privo di curvature.
- Fukinagashi (Inclinato dal vento): questo tipo di bonsai simula gli alberi che nascono sui picchi montani e frustati dai forti venti. Il tronco è leggermente incurvato e ruvido, come se fosse piegato dal vento, e i rami crescono tutti in una direzione.
- Kengai / Han-Kengai (Cascata / semi-cascata): la forma ricorda quella degli alberi che crescono sul ciglio dei dirupi e che piegati dal peso della neve e delle frane crescono con il tronco curvato verso il basso. A volte il tronco può estendersi verso il basso anche molto oltre la base del vaso (kengai) oppure fermarsi a metà (han-kengai).
- Ishiue e Ishitsuki (Radici con roccia): in questo stile, un frammento di roccia sporge dal terriccio e l’albero cresce avvinghiando le radici su di esso. Esiste anche una variante in cui l’albero affonda le radici dentro le crepe della roccia, ma è molto raro.
- Bunjin (Letterato): il bonsai del letterato è considerato il più poetico, poiché simula un albero nato in condizioni molto avverse e sfavorevoli, spesso spezzato o colpito da un fulmine. La chioma, poco rigogliosa, si sviluppa solo nella parte inferiore e il tronco è sottile e lungo, come di quegli alberi che, circondati dalla selva, usano tutta la propria energia per crescere in altezza alla ricerca della luce.
- Ikadabuki o Netsunagari (A Zattera): composto da numerosi fusti nati tutti da una stessa radice. Simula quegli alberi caduti su un fianco che continuano a generare nuovi rami. È un tipo di bonsai molto suggestivo.
Come si può facilmente dedurre, sia nel giardino giapponese come nella coltivazione del bonsai, l’intervento umano è fondamentale. Tuttavia, il risultato finale deve sembrare il più naturale e armonioso possibile. Questo rispecchia alla perfezione la filosofia giapponese per cui niente è più bello e perfetto della natura incontaminata.
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