Pagina di un libro giapponese con sopra un blocco viola che dice: "Letteratura" in kanji

Introduzione ai 1300 anni della letteratura giapponese

Se è vero che, in Italia, sono ormai moltissime le persone che hanno conosciuto il Giappone attraverso manga, anime e videogiochi, c’è da dire anche che solo in pochi hanno familiarità con i libri giapponesi. Tuttavia, la letteratura è un modo eccellente per avvicinarsi alla cultura e alla storia di questo Paese e capirne più a fondo l’essenza.

Negli ultimi anni, la letteratura giapponese ha assunto sempre più rilevanza nel panorama editoriale mondiale grazie ad autori come Haruki Murakami, Natsuo Kirino e Kenzaburo Ōe. Tuttavia, esistono un’infinità di opere e autori meno conosciuti, che meritano davvero di essere letti.

In questo articolo troverete un’introduzione alle opere letterarie più famose del Giappone, dalle origini sino al secondo dopoguerra.

Quando è nata la letteratura giapponese?

La letteratura giapponese ha una storia recente paragonata a quella europea: nell’arcipelago giapponese la scrittura è arrivata solo intorno al IV secolo, e anche quando approdò sotto forma d’ideogrammi cinesi, ci vollero secoli affinché i giapponesi capissero come usarla per esprimere la propria lingua nativa.

Il primo libro scritto in giapponese risale al 712 ed è il Kojiki, una cronaca storico-mitologica che narra la nascita dell’universo e il mito della creazione secondo lo shintoismo e poi segue le orme della stirpe imperiale dalla sua antenata, la dea del sole Amaterasu, sino all’imperatrice Suiko.

Qualche decennio dopo venne compilata anche la prima antologia di poesie giapponesi, il Man’yōshū. La raccolta contiene più di 4.500 poesie composte da nobili, imperatori, guardie di confine e gente del popolo.

Entrambe le opere adottano un sistema di scrittura detto man’yōgana, che utilizza i kanji i modo sia ideografico che fonetico, e che ha consentito per la prima volta ai giapponesi di scrivere testi in lingua autoctona.

Sarà solo qualche decennio dopo che sarà finalmente inventata anche la scrittura kana, un sistema interamente fonetico che permetterà da quel momento in poi di esprimere liberamente i suoni della lingua giapponese.

stampa a colori con al centro una figura che danza davanti alla dea da cui si irraggia luce solare. Accanto a lei un uomo regge un macigno, altre figure assistono
Una scena del mito di Amaterasu (Shunsai Toshimasa, Public domain, via Wikimedia Commons)

Cosa sono i monogatari dell’epoca Heian?

La letteratura giapponese fiorisce definitivamente durante l’Era Heian (794-1185), quando tra le donne della nobiltà, a cui non era permesso studiare il cinese, si diffonde l’uso dei kana. Non è un caso se i più  grandi capolavori di quest’epoca furono scritti quasi tutti da donne. Inoltre, è proprio in quest’epoca che nascono anche i tre generi più celebri della prosa giapponese: il “nikki” (diario), lo “zuihitsu” (saggio) e il “monogatari” (romanzo).

Anche la poesia acquisisce sempre più importanza, tant’è che persino l’imperatore in persona arriva a ordinare la compilazione di un’antologia poetica imperiale, il “Kokin Wakashū”, a cura di Ki no Tsurayuki. All’epoca era molto diffuso il waka, un componimento di cinque versi che segue lo schema metrico 5-7-5-7-7 e che alcuni secoli più tardi si sarebbe accorciato ulteriormente per andare a formare lo haiku.

Le opere più conosciute di questo periodo furono scritte da due dame di corte, le tutrici delle due consorti dell’Imperatore Ichijō: Sei Shonagon e Murasaki Shikibu. Entrambe vissero a cavallo tra il X e l’XI secolo e, sebbene si sappia ben poco della loro vita e della loro identità, sono passate alla storia per aver scritto due capolavori indiscussi della letteratura giapponese.

Sei Shonagon, infatti, è autrice di “Le note del Guanciale”, il primo zuihitsu della storia, una sorta di unione tra un diario e un quaderno di appunti poetici che descrive perfettamente la vita nella corte imperiale di quell’epoca. Murasaki Shikibu, invece, ha dato vita a “La storia di Genji”, il primo romanzo moderno della storia.

In questo periodo si produce una quantità sbalorditiva di romanzi, tra cui i più famosi sono “Storia di un Tagliabambù”, “Storia di Ochikubo” e “I Racconti di Ise”.

La Storia di Genji

La “Storia di Genji” è un’opera monumentale di ben 54 capitoli.

Definito il primo romanzo moderno e anche il primo romanzo psicologico della storia, il libro segue le vicende di Hikaru Genji, principe nato dall’amore fra l’imperatore e una sua concubina di basso rango. Rimasto orfano di madre da bambino, Genji intrattiene numerose relazioni amorose con donne che, per un motivo o per l’altro, gli ricordano la figura materna.

Il romanzo fu scritto da Murasaki Shikibu, una dama di corte così colta e talentuosa che fu scelta dall’uomo politico più influente dell’epoca, Fujiwara no Michinaga, affinché si occupasse dell’educazione di sua figlia.

statua di pietra con una dama giapponese che regge un rotolo aperto
Statua di Murasaki Shikibu a Uji

Novelle buddhiste e romanzi epici nell’Era Kamakura

Durante il periodo Kamakura (1189-1333) il centro della cultura si sdoppia: se da un lato c’è una classe nobiliare in declino che continua a produrre poesie e diari, dall’altra affiora la società guerriera.

Due clan di samurai, i Taira e i Minamoto, si contenderanno il potere gettando il Giappone nel caos e radendo al suolo interi villaggi. Inevitabilmente, la letteratura abbandonó i toni nobili e raffinati della corte e iniziò a raccontare storie di battaglia nei cosiddetti “gunki monogatari”, i romanzi epici. Il gunki monogatari più emblematico di quest’epoca è proprio quello che narra lo scontro tra i Taira e i Minamoto, lo “Heike Monogatari”.

Inoltre, anche le classi sociali più povere si avvicineranno alla fede buddhista proprio a causa della devastazione e delle violenze subite durante la guerra civile. Con sempre più persone in cerca di salvezza fra le mura dei templi, nasce una nuova forma di letteratura popolare con forti connotazioni buddhiste: nascono le prime raccolte di novelle con morale buddhista, come ad esempio il “Konjaku Monogatarishū”.

Tutta la produzione di quest’epoca rispecchia fortemente l’estetica buddhista del mujōkan, il senso dell’impermanenza delle cose: i due saggi zuihitsu scritti in questo periodo, “Ore d’Ozio” di Yoshida Kenkō e “Ricordi di un eremo” dell’eremita Kamo no Chomei, parlano proprio di questo.

Il successivo periodo storico, l’era Muromachi, vedrà nascere la produzione di opere teatrali per il noh e nuovi gunki monogatari, ma sarà un’epoca caratterizzata più dall’evoluzione dell’architettura e dalla nascita di arti come la cerimonia del tè che dalla produzione letteraria.

Il periodo Edo, lo haiku e lo ukiyozoshi

Il periodo Edo (16031868) è l’ultima epoca della letteratura classica. Tutte le opere letterarie scritte a partire dalla Restaurazione Meiji in poi si considerano letteratura moderna.

Tuttavia, è sbagliato credere che quest’epoca sia priva di sorprese: si ebbe infatti un vero e proprio boom del mercato editoriale, dovuto al fatto che terminate le guerre civili e raggiunto un certo livello di stabilità politica, nacque anche la scuola dell’obbligo. Si raggiunse un tasso di alfabetizzazione inaudito, cosa che, assieme alla diffusione delle tecniche di stampa su blocchi, rese Edo (l’attuale Tokyo) la città con più librerie (e più lettori) al mondo.

E c’è un autore che più di ogni altro giovò del fiorire dell’editoria: Ihara Saikaku, il padre del genere ukiyozoshi. Fu un autore amatissimo perché scriveva storie scandalose e irriverenti, strizzando l’occhio ai quartieri di piacere, al gossip mondano e al piacere dei sensi. È stato il primo autore giapponese non solo a mantenersi, ma a diventare anche spaventosamente ricco grazie alla sua attività letteraria. Il genere inaugurato da Ihara è perfettamente in sintonia con la tendenza dell’epoca a godersi la vita e a lasciarsi cullare dai piaceri dei sensi.

Ma l’era Edo vede anche la nascita di una forma poetica importantissima, conosciuta e apprezzata ormai anche nel mondo occidentale: lo haiku.

Il poeta viaggiatore Matsuo Basho è considerato il padre di questo breve componimento, costituito da tre versi di 5-7-5 sillabe. Lo haiku tenta di cristallizzare un attimo sfuggente della natura: è quasi una diapositiva in cui non vengono immortalati solo forme e colori, ma anche suoni, odori e sensazioni.

La caratteristica più curiosa dello haiku è che i soggetti solo raramente sono umani e che è sempre necessario inserire un termine stagionale, il kigo, che indica al lettore in che stagione sono stati composti i versi.

Statua di un uomo in abiti drappeggiati immersa nel verde, con montagne sulo sfondo
Statua di Matsuo Basho presso lo Yamadera, Yamagata

La letteratura post Rivoluzione Meiji e i grandi autori del dopoguerra

Quando dopo più di due secoli di chiusura verso l’esterno, il Giappone riaprì i suoi porti alle navi straniere nel 1858, contemporaneamente si affrettò a industrializzare l’intero Paese compiendo una generale opera di modernizzazione delle infrastrutture, dei costumi e della politica. Lo shogunato viene deposto e, nel 1868, il Giappone si convertì in una monarchia parlamentare con a capo l’imperatore.

La letteratura di quest’epoca è fortemente influenzata dall’aria di novità, dalla corsa alla modernizzazione che però diventerà inevitabilmente anche una corsa sfrenata all’occidentalizzazione e dalle correnti artistico-letterarie europee che contamineranno anche la produzione nipponica.

L’autore più importante di questo periodo è senz’altro Natsume Sōseki: l’autore aveva vissuto per alcuni anni in Inghilterra e aveva insegnato inglese in patria. Le tematiche ricorrenti con le sue opere sono la convivenza (talvolta difficile) tra occidente e oriente e il senso di smarrimento dovuto alla perdita dei vecchi valori e costumi.

Intorno agli anni ’20 e ’30, la letteratura giapponese subisce un ulteriore cambiamento quando un gruppo di giovani autori come Akutagawa, Okamoto e Kawabata decide di sperimentare generi e tematiche più innovativi e moderni, subendo chi parzialmente, chi massicciamente l’influenza delle avanguardie europee.

Ma gli autori giapponesi più apprezzati in assoluto in occidente sono quelli attivi a cavallo della seconda guerra mondiale e nel primo dopoguerra: Mishima, Tanizaki, Kawabata, Abe…

La loro scrittura ha raggiunto oramai una maturità che esula dalla dialettica oriente-occidente (pur trattando comunque questa tematica) e che è addirittura valsa a Kawabata Yasunari il Premio Nobel per la Letteratura nel 1968. Era la prima volta che veniva vinto da un giapponese.

Ovviamente c’è molto altro da dire e questa non è che un’introduzione alla letteratura giapponese dai suoi albori sino a una cinquantina di anni fa. Non c’è neanche bisogno di dire che il modo migliore per capire fino in fondo il motivo per cui le opere e gli autori citati in questo articolo siano stati così rilevanti è provare a leggerli di persona.

Yukio Mishima con fascia in testa e uniforme militare
Yukio Mishima (modificata da ANP scans 8ANP 222), CC BY-SA 3.0 NL, via Wikimedia Commons)

Immergersi nella lettura delle opere letterarie giapponesi è un ottimo modo per prepararsi a un viaggio in Giappone, Paese di cui ci occupiamo da oltre 20 anni. Se ti è già venuta voglia di partire, dai un’occhiata ai nostri viaggi di gruppo, sempre seguiti da guide specializzate, o regalati un viaggio su misura in base ai tuoi interessi!

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