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ToggleLa parola “manga”, ormai conosciuta da tutti, si traduce all’incirca come “immagini derisorie” o “disegno di satira”. È un termine prettamente nipponico nato nel 1798 e poi usato anche dal famosissimo pittore e incisore Hokusai nella sua opera “Hokusai manga” del 1814. Alcune controversie spingono la nascita addirittura più indietro nel tempo, nel periodo Kamakura, ma non affronteremo qui questa questione ancora aperta.
La natura originaria di strisce di satira è mutata nel tempo, trasformando i manga in opere a tutto tondo di una certa complessità.
Le strisce nella loro forma originale si trovano ancora in un genere particolare, loyonkoma (in breve, 4-koma), ossia una striscia composta da sole 4 tavole spesso usate, data la loro brevità, per racconti umoristici. Una tavola è l’introduzione, due sono la parte centrale e la quarta conclude la storia.
Dove si trovano i manga?
In Giappone i manga si possono trovare ovunque. La loro commercializzazione non ha barriere, ma spazia dalle librerie ai centri commerciali, da negozi dedicati agli alimentari e ai konbini (specie di mini market). Secondo le stime commerciali, gli introiti dei manga sono pari a 420 miliardi di yen. Sembra che in Giappone si usi più carta per la produzione di manga che per la carta igienica. Questo ci dà un’idea di quanto sia radicata l’abitudine di leggere questo genere nella cultura nipponica.
Esistono addirittura dei luoghi chiamati manga café o manga kissa, dei locali dove si possono leggere i propri albi preferiti, scelti fra le migliaia esistenti, e gustarseli in loco all’interno di un piccolissimo stanzino dotato di PC, connessione internet e di un letto o futon per dormire. Una soluzione abitativa a bassissimo costo molto in voga, visti anche i costi esorbitanti degli affitti nelle metropoli. Per noi occidentali forse lo spazio è un po’ angusto, ma chi non ha problemi di claustrofobia può divertirsi a provarla almeno una volta.
Chi disegna i manga?
I disegnatori di manga si chiamano semplicemente mangaka (“colui che fa i manga”). Gli autori di alto livello vengono considerati delle eccellenze e riveriti come da noi capita per gli sportivi più apprezzati.
Chi riesce a sfondare come mangaka in questo mercato iper competitivo può arrivare a guadagnare cifre astronomiche dalle vendite, oltre che dall’indotto e dal settore pubblicitario. Entrare a far parte dell’Olimpo dei mangaka è quindi fonte di ricchezza e prestigio. Non c’è da stupirsi se molti bimbi giapponesi aspirino a questa professione, anche incorrendo nell’ostilità dei genitori che preferirebbero un lavoro più sicuro e tradizionale all’interno di un’azienda.
Nonostante tutto, però, proliferano le scuole per mangaka, istituti spesso privati che “allevano” giovani fumettisti che ambiscono a sfondare in questo settore.
Esistono inoltre innumerevoli concorsi. Uno dei più famosi non poteva che essere intitolato al grandissimo maestro Osamu Tezuka (1928-1989) e sponsorizzato direttamente dalla Shueisha (una grande casa editrice con sede a Tokyo). Ultimamente si vocifera che si consentirà l’iscrizione anche ai non giapponesi. Sarebbe un’apertura davvero rivoluzionaria in Giappone, ma al momento non ci sono conferme.
Nella giuria dell’edizione 2020 erano presenti nomi del calibro di Akira Toriyama, Eiichiro Oda, Kazue Kato e Takeiko Inoue.
Quali sono i mangaka più famosi?
Su internet ci sono innumerevoli siti che si contendono le classifiche di mangaka famosi. Sono tantissimi e categorizzarli sarebbe davvero complesso, ma tra i più noti possiamo sicuramente citare:
- Osamu Tezuka, da moltissimi considerato il padre dei manga. A 18 anni pubblica la sua prima opera, la serie “Maa-chan no nikkicho”, ma solo nel 1950 otterrà un successo travolgente con “Jungle Taitei”, noto in Italia come “Kimba il leone bianco”. Due anni dopo sarà il momento di “Astro Boy”, che è diventato il simbolo per eccellenza della storia fumettistica nipponica.
- Masashi Kishimoto, il cui primo lavoro di nota fu “Karakuri” nel 1995, ma che esplose con “Naruto” quattro anni più tardi. Questo manga campione di vendite è uno dei pochi ad aver venduto 100 milioni di copie nel solo Giappone e ha ormai dato origine a un impero commerciale di anime, action figure e merchandising di ogni tipo.
- Rumiko Takahashi, considerata la regina dei manga, si è imposta prima nel firmamento dei manga e poi in quello degli anime. Basta citare le sue opere per capirne l’entità: “Lamù” (in originale “Urusei Yatsura”), “Cara dolce Kyoko” (“Maison Ikkoku”) e “Ranma ½”. È di fatto la mangaka più ricca del Giappone, con circa 200 milioni di copie vendute.
- Al quarto posto, ma solo in ordine cronologico, troviamo il mangaka che ha incenerito ogni record: Eiichiro Oda, che ha superato i 430 milioni di copie vendute nel mondo. Il suo “One Piece”, con le avventure di Cappello di paglia e della sua ciurma di pirati, sono conosciute in ogni angolo del pianeta. L’impero commerciale che ne è nato ha introiti stellari e pare impossibile quantificare con esattezza la mole di denaro che produce.
- Impossibile non citare Go Nagai, autore di opere che hanno segnato la storia moderna del fumetto popolarizzando il mondo dei robottoni, o “mecha” nella dicitura corretta. Parliamo, per intenderci, del “Grande Mazinga”, “Mazinga Z”, “Jeeg robot d’acciaio” e “Ufo robot Goldrake”; ma anche di “Devilman”, che, assieme ai titoli già citati, è una pietra miliare nel firmamento manga e anime.
Esistono mangaka italiani?
L’arte del manga è sbarcata anche in Italia, benché con naturali influssi occidentali. Tra i nomi che si sono affermati in questo panorama citiamo Luca Vanzella, noto per graphic novel come “Un anno senza te”; Caterina Rocchi, ospite di Lucca Comics and Games e in passato impegnata in un lavoro di manga live painting assieme a Yoshiyasu Tamura; Massimo dall’Oglio con le sue tavole in bianco e nero dell’”Era dei Titani”; e ancora il talentuoso Marco Cosimo D’Amico con il suo “Il cuore dell’ombra”.
Sono tutti artisti di spicco che in Italia sono indicati con il termine generico di fumettisti.
Se cerchiamo invece un autore di marcata tendenza al disegno orientale, vale la pena citare Luca Molinaro, alias Mangaka96, che, nonostante la giovane età, si sta ritagliando una nicchia tutta nostrana. Assieme a Giorgio Battisti ha prodotto il manga (si tratta proprio del genere manga in purezza) “Death Shield”, pubblicato dalla casa editrice Shockdom. Un lavoro sicuramente autoriale e giovanile, ma mosso da una forza narrativa propria e da un grande impegno.
Il panorama italiano vede anche altri autori rinomati che hanno creato opere pregevoli, ma che tendono a un genere che potremmo definire più “nostrano”, con un’impronta e un carattere particolari che divergono dallo spirito nipponico.
Dove comprare manga a buon prezzo in Giappone?
Questa domanda deve basarsi su un presupposto: il mercato dell’usato in Giappone è iper florido. Dai CD ai volumi cartacei, il sottobosco di offerte è nutrito, grazie soprattutto alla grande cura con cui i Giapponesi “custodiscono” le loro cose. Va infatti ricordato che il loro usato è quasi pari al nuovo. Fatta questa premessa, il consiglio che possiamo dare è di cercare in negozi specializzati come la catena giapponese Book Off, riconoscibilissima dal suo iconico logo, dove si trova davvero di tutto.
Altro luogo che si può definire iconico è Mandarake, catena giapponese di negozi dell’usato, fondata nel 1980 come libreria ma specializzata in manga. È presente con vari punti vendita in molte prefetture giapponesi, ma ha ovviamente il suo fulcro nella Mandarake Tower, un grattacielo monolite nero che si trova nel quartiere Akihabara di Tokyo. La sede principale si sviluppa su sette piani divisi per aree tematiche. Attenzione: vista la natura di negozio dell’usato, gli orari di apertura differiscono molto da quelli di altri negozi. Al momento della stesura dell’articolo, l’ingresso per gli acquisti è dalle 12:00 in avanti, in quanto prima può entrare solo chi porta materiale da vendere.
Il consiglio che ti diamo è di non visitare questi negozi nei week-end, perché sono stretti e spesso pieni di gente. Se hai intenzione di fare shopping sul serio, potresti avere problemi a muoverti e con le borse rischieresti di intralciare gli altri clienti, cosa che in Giappone può risultare maleducata.
Le doujinshi, autoproduzioni ispirate
Parlando di manga non possiamo non citare una loro costola, ossia le doujinshi, riviste e pubblicazioni autoprodotte molto spesso in tiratura limitatissima e create da gruppi studenteschi o amatoriali. Alcune di queste opere, proprio a causa della loro natura amatoriale e del numero basso di copie prodotte, sono ritenute dei veri e propri gioielli. Gli appassionati di questo genere sono tantissimi e spesso pronti a sborsare cifre non indifferenti per accaparrarsi le serie complete alle fiere di settore.
Alcune di queste opere proseguono nel tempo scandendo la vita scolastica degli autori, che iniziano a dedicarvisi in tenera età e proseguono nel corso della loro carriera scolastica.
Qual è la maggiore fiera di manga al mondo?
Per tutti coloro che sono affascinati da questo mondo, è imprescindibile partecipare almeno una volta alla fiera di settore numero 1 al mondo, ossia il Comiket di Tokyo. Si tratta della più grande manifestazione di questo genere per volume di visitatori, ma la sua particolarità è che la stragrande maggioranza dello spazio espositivo è dedicato proprio al mondo delle doujinshi: uno stuolo infinito di gruppi studenteschi che portano qui i propri lavori amatoriali e autosovvenzionati. L’ingresso è stato gratuito fino al 2020, ma ora è a pagamento. Il numero di aderenti è così elevato che il catalogo con tutti i gruppi autoprodotti è arrivato negli anni a pesare anche più di un chilo! Ora si sta facendo largo anche la versione digitale su CD-ROM per ridurre il consumo di carta.La fiera si svolge al Tokyo Big Sight, uno spazio espositivo polifunzionale situato sull’isola artificiale di Odaiba, comodamente raggiungibile con la linea di superficie Yurikamome, oppure tramite il battello che attraversa il fiume Sumida.
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